La luce della memoria sul buio del passato. L’opera per Flow di Arthur Duff.

By mercoledì 5 Aprile 2017 0 No tags Permalink 0

Scatter/ Cadaver, l’opera che espone l’artista Arthur Duff alla mostra Flow. Arte contemporanea Italiana e Cinese in dialogo, racconta con un’installazione laser un episodio del nostro passato. L’artista prende spunto da un fatto accaduto durante la seconda guerra mondiale, quando nel 1943 un bombardiere americano si schiantò vicino al lago di Fimon, in provincia di Vicenza, dopo essere stato abbattuto dai tedeschi. La memoria dell’episodio è rimasta in una targa che, nei pressi del lago, rende omaggio all’equipaggio e nei racconti degli abitanti della zona.

Arthur Duff, ha pensato di proiettare sul vasto soffitto a carena di nave rovesciata della Basilica Palladiana, i nomi che i soldati americani della Seconda Guerra Mondiale davano ai bombardieri B-24. Il proiettore laser a luce verde è nascosto all’interno di una struttura mimetica che imita la carlinga dei veivoli da guerra. I nomi si susseguono uno alla volta in loop e spariscono tutti in un unico punto di fuga dopo aver fatto il giro dell’ampio soffitto, richiamando il movimento a spirale dell’elica. ‘La nave rovesciata, che fa da copertura e contenitore, raccoglie il buio come una vasca e la tiene compressa verso l’alto. Parla di una storia complicata e a volte problematica’ ci dice l’artista. ‘Il buio, un’assenza di luce o di memoria, è diviso, sezionato e attraversato da intensi raggi fotoni concentrati che irradiano il volume palladiano’, il buio del passato viene illuminato dalla memoria storica dei racconti, dei libri, delle opere d’arte. Doveroso ricordare a questo punto che nella sua lunga e articolata storia la Basilica Palladiana di Vicenza è stata bombardata, nel ’45 una bomba incendiaria ne ha distrutto la copertura che oggi ospita questa evocativa installazione.

L’artista nato in Germania, dopo aver vissuto negli Stati Uniti, in Korea, Germania, Giappone si stabilisce in Italia, a Vicenza e dalla fine degli anni novanta è presente come artista visivo nella scena dell’arte contemporanea italiana e internazionale. Una delle sue installazioni è stata acquisita dal MACRO di Roma, realizza numerosi lavori su scala urbana, presso il complesso monumentale di Santo Spirito in Sassia di Roma o per la presidenza Europea della Repubblica Ceca a Praga. Ha esposto alla GAM di Milano, presso il Whanki Museum di Seoul, a Palazzo Fortuny e alla Peggy Guggenheim Collection di Venezia, al MArt Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, alla XIV Quadriennale di Roma e alla Galleria Nazionale D’Arte Moderna di Roma. Attualmente è docente di Installazione Multimediali al Biennio magistrale di Scultura all’Accademia di Belle Arti di Perugia. Per vedere il curriculum completo dell’artista visita la sua pagina>>>

Altre opere di Arthur Duff si possono ammirare in questi giorni, fino al 10 Giugno presso la galleria Studio la Città a Verona. Esposta una selezione dei suoi più recenti lavori, dai laser alle nuove opere annodate a parete, fino agli inediti lavori neon. Come spiega il comunicato stampa dell’evento, l’esposizione, dal titolo Flat all the way down, trae origine da una distorsione dell’espressione inglese: “Turtles all the way down”, metafora estremizzata dell’idea che la terra piatta poggi sulla schiena di una tartaruga. Ma chi sostiene la tartaruga? “Easy, it’s turtles all the way down! / Facile, ci sono tartarughe fino in fondo!”, questa la risposta paradossale all’aneddoto, secondo cui il mondo sia in realtà sostenuto da una catena senza fine di tartarughe più grandi. Si tratta di un detto popolare molto simile a quello italiano dell’uovo e della gallina, pensato come rompicapo logico utilizzato per enfatizzare la futilità di un discorso o, in alternativa, l’incapacità di giungere a una conclusione concreta. Nell’ intenzione di Duff, ‘Flat’ amplifica il delirio, ma per paradosso lo rende concreto. Sono queste interazioni che l’artista va cercando nell’ utilizzo di parole e di materiali,
interrogandosi sul suo essere “autore” di un oggetto e sulla sua conseguente influenza sul mondo
circostante.

Come spesso accade nella poetica di Duff, i lavori in mostra mirano a dislocare le nozioni di spazio e significato, giocando con la nostra percezione di fisicità così come si utilizzano i classici elementi della scultura, dove il linguaggio e la condizione umana sono messi in discussione ed espressi in un giocoso, ma allo stesso tempo impegnato, pesante, gravoso, modo di avvicinarsi all’ arte e al suo mondo.

Che si tratti di un intreccio di fili annodati come un universo di particelle, di un raggio laser che fa emergere il testo dallo spazio, di parole scritte a neon su primordiali rocce laviche, tutto riconduce sempre al tema della trasformazione, della percezione e del ruolo del linguaggio visivo all’ interno del contesto sociale. Il testo si fa immagine e l’immagine diventa testo, facendo sì che il confine tra i due risulti indistinto.

Per citare Marco Mancassola in un testo scritto per il catalogo della mostra Borrowing You, a Castelfranco Veneto: ciò che Arthur ci svela, qui, è che ogni nostro atto di comunicazione ci impone di ‘prendere in prestito’ qualcosa o qualcuno. Per parlare agli altri dobbiamo prenderli in prestito. Senza uno schermo costituito dagli altri, non riconosceremmo le nostre stesse parole. Prendiamo in prestito, siamo presi in prestito. Siamo lo schermo addosso al quale gli altri proiettano il loro discorso. Pensiamo che il nostro muro serva a difenderci, in realtà serve ad attrarre più fatalmente l’altro: il quale si avvicina, curioso, come davanti a uno specchio.

Visita la mostra su Youtube guidato dallo stesso artista>>>

Foto courtesy di Studio la Città, Lungadige Galtarossa, 21, 37133 Verona

 

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